Nella maggior parte delle culture africane tradizionali, chi indossa una maschera abbandona la propria identità e viene trasformato nello spirito che la maschera rappresenta. Questo scopo viene in genere raggiunto con l'ausilio di altri elementi rituali, come certi tipi di musica o di danza; in diverse culture, inoltre, la maschera si accompagna a costumi rituali, che contribuiscono a nascondere l'identità del danzatore o del sacerdote mascherato. Colui che indossa la maschera diventa quindi una sorta di medium che consente al villaggio di dialogare con le proprie divinità, gli antenati, i defunti, gli animali o altri spiriti della natura.
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Secondo quanto tramandato dalla tradizione orale, i Nyamwesi si insediarono in Unyamwesi intorno al XVII secolo. Erano principalmente pescatori e allevatori. La loro società era organizzata politicamente in piccoli regni (chiefdoms), ognuno dei quali aveva con la propria dinastia regnante e la propria corte.Verso la fine del XVIII secolo i mercanti nyamwesi giunsero alla costa dell'Oceano Indiano, stabilendo buone relazioni con le popolazi arabe e shirazi legate a Zanzibar e con le comunità di mercanti swahili e indiani. A loro volta, gli arabi iniziarono a spingersi nell'entroterra, fondando stazioni commerciali nei regni nyamwesi. All'inizio del XIX secolo le carovane nyamwesi giungevano a ovest fino al Regno del Congo, e portavano verso i porti arabi dell'Oceano Indiano rame, cera, sale, avorio e schiavi.
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La società hehe aveva un rudimentario ma efficace sistema giudiziario, con diversi tipi di pena previsti per differenti reati; le pene potevano essere pecuniarie, fisiche (mai molto severe), e in alcuni casi potevano essere emesse sentenze di morte o di espulsione dalla comunità. I capi villaggio fungevano da giudici per i crimini più lievi, mentre quelli più gravi erano giudicati da autorità di livello superiore. La corruzione dei giudici e delle altre autorità era una pratica ammessa e diffusa. I giudici dei vari livelli operavano sempre nel contesto di un processo più o meno formalizzato, e in genere aperto al pubblico (eccetto per i casi più gravi).
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Le origini del popolo Hehe non sono note. In epoca immediatamente precoloniale (ovvero al tempo dei primi contatti con i missionari e gli esploratori europei), gli Hehe si erano stabiliti solo da poche generazioni in Uhehe ("la terra degli Hehe", ovvero gli altopiani della Tanzania sudoccidentale, a nordest del lago Malawi). Vivevano principalmente di agricoltura, occasionalmente allevando vacche e capre. Erano organizzati in piccoli chiefdom (comunità con un capo locale) ciascuno composto da poche migliaia di persone.
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Gli uomini erano suddivisi in gruppi d'età; gli adulti erano all'occorrenza guerrieri, con l'incarico di difendere i villaggi dai potenziali invasori come Kisongo, Masai e Hehe o di razziare il bestiame di altri villafggi.
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Ancora nel 1957, i Wazaramo costituivano il 30% della popolazione africana di Dar es Salaam; questa percentuale è diminuita man mano che la città si è estesa, trasformandosi in una realtà fortemente multi-etnica.
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Gli Zaramo si riuniscono una volta all'anno nella foresta di Pugu per una cerimonia chiamata tambiko, nella quale vengono venerati gli spiriti e gli antenati.Le relazioni fra gli uomini e il mondo spirituale sono mediate da un sacerdote chiamato mganga, che ha il compito di consigliare sul corretto comportamento da tenersi per ingraziarsi gli spiriti e risolvere problemi di qualsiasi genere (dalla ricerca del lavoro, alla vita sessuale, al successo nello sport). Come accade in molte religioni africane.
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Conosciuti come grandi guerrieri, furono fondamentali nella lotta di liberazione del Mozambico (l'indipendenza arrivò nel 1974) nei confronti del Portogallo perché oltre che feroci e agguerriti combattenti conoscevano meglio dell'esercito portoghese le foreste del nord del Mozambico dove si erano stabiliti da generazioni e questo li avvantaggiò nella lotta di liberazione.Tra i Makonde, gli uomini hanno l'abitudine di limare i denti appuntendoli e facendoli diventare simili a quelli degli squali, ciò che contribuisce ad incrementare il loro aspetto aggressivo e ad alimentare la leggenda dei Makonde come guerrieri feroci. Hanno anche l'abitudine di tatuare i proprio corpo.
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Gli uomini erano suddivisi in gruppi d'età; gli adulti erano all'occorrenza guerrieri, con l'incarico di difendere i villaggi dai potenziali invasori come Kisongo, Masai e Hehe o di razziare il bestiame di altri villaggi.
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