Kenia: Il nucleo familliare dei Masai

L’unità centrale della società masai è data dal gruppo di età. I bambini sono considerati veramente tali dopo una settimana circa dalla nascita, momento scandito dalla cerimonia del nome. È il padre a dare il nome ai figli, a volte la madre da o suggerisce il nome delle figlie. I bambini piccoli, nella vita tradizionale, erano incaricati di far pascolare i vitellini e gli agnelli, le bambine di portare l’acqua, pulire l’enkang e aiutare nella cucina.  Ogni 15 – 20 anni, gli anziani decidono l’inizio di un nuovo ciclo di iniziazione.

Tutti i giovani non ancora iniziati fino ai bambini di circa 12 anni, vengono a far parte dello stesso gruppo, diviso in due tornate – la destra e la sinistra. Questa divisione verrà mantenuta per tutta la vita.  Dopo varie cerimonie, il rito più importante è quello della circoncisione (emorata) che deve essere sopportata in silenzio. Dopo la circoncisione il giovane è considerato un moran, giovane guerriero. Dopo la circoncisione, e per circa 6 mesi, il moran dovrà vestirsi di nero e potrà disegnare sul viso dei simboli usando terra bianca. In questo periodo, i moran vivranno in una casa speciale, manyatta, costruita sul modello dell’enkang, ma senza barriere spinose, inutili visto la presenza di tanti guerrieri. All’incirca al tempo dell’emorata, il gruppo che ha avuto la circoncisione durante l’ultima emorata passerà di grado, diventando guerriero anziano. A sua volta, il gruppo precedente farà il passaggio per diventare anziano (primo grado) con la cerimonia dell’eunoto. In Kenya, gli anziani hanno negato l’inizio di un nuovo gruppo di età – almeno formalmente – sin dal 1990 circa. Di fatto l’iniziazione è continuata ma, per ragioni politiche, molti hanno dovuto rimanere nel gruppo dei guerrieri ben dopo l’età normale.   L’ultimo gruppo di età ad essere stato iniziato è quello dei Kikunyuki (le api) che dovrebbe giungere all’eunoto verso il 2010. Il gruppo precedente, i Pokonyeki, hanno avuto uno dei più grandi divari di età mai visto in un gruppo di età, con circa 25 anni di differenza tra i più giovani e i più vecchi. In passato, i giovani dovevano partecipare ad una caccia al leone prima di essere iniziati. Questo rituale è stato sospeso. In ogni caso, ancora oggi un moran che uccidesse un leone acquisterebbe il rispetto del clan.

Le donne hanno un loro rito di passaggio, la mutilazione genitale. La maggioranza dei clan prevede la clitoridectomia, altri richiedono anche l’escissione delle grandi labbra della vagina. Queste pratiche sono sotto accusa. Vietate dalla legge, sono rifiutate da molte ragazze che desiderano invece un tipo incruento di iniziazione. In molte zone, le donne obbligano le figlie alla circoncisione poiché sarebbe impensabile sposare una figlia ad un buon partito senza questa cerimonia. In ogni caso, anche i giovani masai stanno cambiando le loro aspettative e spesso sono loro a spingere per un cambiamento di questo rituale.
Nel passato si insisteva sul fatto che una donna masai fosse disponibile per l’attività sessuale con il marito e con tutti i suoi compagni di iniziazione. Si tratta di una notizia parzialmente falsa. Mentre l’uomo può sposare più di una donna, alla donna si richiede la fedeltà coniugale. Se essa decidesse di avere rapporti sessuali con un altro uomo, questo sarebbe considerato un fatto grave. Se da questa unione dovesse nascere un figlio, il colpevole dovrà pagare una multa, e il figlio verrà riconosciuto dal marito della donna. Alcuni uomini che non hanno avuto figli maschi, chiedono ad una figlia di figliare per loro. La donna è libera di avere rapporti sessuali con chiunque lo desideri, i figli saranno del padre che così avrà un erede a cui lasciare i propri beni – le donne non hanno diritto all’eredità poiché sposandosi lasciano la loro famiglia e sono inserite nella famiglia del marito. Anche donne rimaste vedove e senza figli maschi possono ‘sposare’ un’altra donna. Questo avviene pagando il prezzo del matrimonio consuetudinario alla famiglia della prescelta che provvederà a dare alla luce un figlio maschio che potrà ricevere così l’eredità.

Il divorzio è previsto e regolato da leggi molto restrittive. Se il divorzio – kitala – venisse accettato, dovrà essere consensuale, e la famiglia della donna dovrà restituire parte del prezzo di matrimonio (in passato erroneamente chiamato dote). I figli sono sempre del padre, se questi ha pagato il bestiame stabilito, del clan della madre se non c’è stata ufficializzazione del matrimonio o il pattuito non è stato versato al clan della moglie.

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